Mentre molti rettori delle università chiamano la polizia locale per mettere a tacere il dissenso nei campus, il Congresso si affretta a promulgare una legge che autorizzi una polizia del pensiero a monitorare l’“antisemitismo” e l’“estremismo” che, secondo loro, portano a “violenza e intimidazione”. I leader di entrambi i partiti politici statunitensi stanno accusando i manifestanti di antisemitismo e di essere filo-Hamas e hanno chiesto l’arresto e/o l’espulsione dall’università, o addirittura la deportazione in caso di manifestanti stranieri. Anche se il linguaggio usato può variare, non c’è molta differenza tra le richieste di Joe Biden e quelle di Donald Trump.
Tuttavia, uno sguardo alle proteste in più di 80 campus mostra che le sporadiche violenze che si verificano sono per lo più dovute ad attacchi della polizia contro i manifestanti ed a provocatori esterni al campus, che si presentano come filoisraeliani.
Perché dunque una reazione così dura? In parte si può spiegare con lo choc di vedere le giovani generazioni “svegliarsi” e protestare contro il coinvolgimento degli Stati Uniti in guerre senza fine, che hanno provocato innumerevoli morti e danni enormi alle nazioni colpite, senza apportare alcun beneficio ai contribuenti che stanno finanziando la macchina bellica.
Ma c’è un altro fattore, rappresentato dal MICIMATT, nuovo acronimo del “Complesso militare-industriale” (MIC). Così infetti l’ex analista della CIA Ray McGovern chiama la macchina da guerra, ovvero il “Complesso militare-industriale-congressuale-intelligence-mediatico-universitario-pensiero”. Dal punto di vista politico e finanziario, questo complesso ha elargito miliardi di dollari alle università, a media e think tank per difendere l’ordine unipolare delle multinazionali. Questo, a sua volta, fornisce denaro per le sovvenzioni universitarie.
Una parte dei finanziamenti proviene dai tradizionali appaltatori della difesa, come Boeing, Lockheed, Raytheon e General Dynamics. Ma ci sono anche nuovi membri del settore tecnologico, che si sono uniti al vecchio MIC nel condurre la guerra permanente. Le imprese tecnologiche sono ora parte integrante di questo processo, con aziende come Amazon, Alphabet/Google e Microsoft. Gli studenti che oggi marciano nei campus non solo chiedono giustizia per i palestinesi e la fine del genocidio, ma stanno anche denunciando il coinvolgimento finanziario delle università nella macchina da guerra. Questa include le aziende coinvolte nella produzione di tecnologie per lo spionaggio, il monitoraggio dei siti e le campagne di disinformazione, che sono componenti cruciali delle attuali capacità di “guerra ibrida”.
Gli amministratori universitari di due atenei che sono al centro del fermento studentesco, la Columbia University e l’Università della California, hanno annunciato che di disinvestire non se ne parla. Gli studenti, nonostante le minacce, le campagne di diffamazione, gli arresti e le espulsioni dicono che non si arrenderanno e sono confortati dal fatto che il movimento si sta diffondendo in tutto il mondo. La decisione di Benjamin Netanyahu di invadere Rafah con tutte le forze porterà a un allargamento delle proteste e della denuncia della complicità dei politici corrotti nel genocidio.